mercoledì 17 luglio 2013

Le Ali di Yeshiva e altre storie, Wilfried Mbouenda Mbogne, Rupe Mutevole edizioni



Chi è Wilfried Mbouenda Mbogne?  
E’ uno studente in ingegneria informatica affascinato sin dall'infanzia dal mondo dei libri. Quando non studia informatica, si dedica alla lettura, allo sport e al canto.
Willy Shakespeare è il suo pseudonimo nel mondo della poesia, mondo che sente molto forte nel suo cuore. Con 'Le Ali di Yeshiva e altre storie' Wilfried diventa ufficialmente autore e manda un messaggio sulla sua visione del mondo attraverso una storia fantasy e qualche poesia. Ora vive in Italia, dove sta proseguendo gli studi.
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Leggendo Le ali di Yeshiva la cosa che in un primo momento ha catturato la mia attenzione è stata la fantasia colorata che ci regala il nostro giovanissimo autore e, subito dopo la maniera, che oserei definire candida, di esprimere le emozioni dei personaggi, compresa l’altezza degli stessi. Luoghi e circostanze presentate con una formula chiara ed essenziale, assolutamente priva di inutili fronzoli laddove la natura, con la sua grazia, fa da scenario a questo popolo davvero speciale dove, testuali parole, ogni famiglia conosce il suo vicino e mantiene con lui una relazione piena di calore e generosità. Troviamo il bosco, il fiume, il monte e persino il deserto dove vanno a meditare i più saggi. Questo racconto ci porta ad assaporare con sentimento schietto e semplice la bellezza che traspare ad ogni passaggio nei dialoghi che troviamo. Norak è la giovane protagonista della nostra storia, una ragazza coraggiosa che vive il conflitto, attualissimo, con la madre che la spinge a fare ciò che per lei è giusto non tenendo conto dei veri talenti e desideri della figlia. Conflitto che viene bilanciato dal padre, figura forte e ambiziosa, che però, poi, per cercare la ali di  Yeshiva, si allontana dalla sua famiglia e quindi anche dalla comunità. Cosa sono le ali di Yeshiva? Sono ali che servono per volare, ma non solo, danno a colui che le possiede saggezza assoluta e potenza fisica. A quanto pare Yeshiva, divinità onnipotente, concede le sue ali ad una sola persona per una durata di 500 anni rendendogli così quella temporanea immortalità ambita da molti. E molti sono, infatti, pur di tentare di riceverle in dono, coloro i quali scelgono di attraversare la foresta con tutti i suoi pericoli. A tal proposito organizzano una festa: la festa del lutto dei coraggiosi Sentan. Perché la festa del lutto?  Perché solo i più audaci del regno possono essere pronti per la pericolosa e misteriosa avventura nella foresta malefica; si racconta che chiunque vi sia entrato abbia perduto l’anima, divorata improvvisamente da creature malvagie.
Tutto ciò non spaventa però la gente del villaggio; infatti,  come è sempre stato, andranno in tanti a sfidare la sorte all’ombra del bosco ma ne tornerà uno solamente, quello che sarà scelto da Yeshiva, e che poi diventerà re.
Una dolce storia fantasy dove il bene vince sul male e dove trionfa l’Amore, non solo quello che nasce tra la nostra beniamina e Lodak, giovane dei Setan, di cui se ne innamora, ma l’Amore nella sua forma più pura che è quella che abbraccia tutto e tutti nel rispetto assoluto per il prossimo. L’Amore che vince su ogni tentativo maldestro di bloccare la libertà, ricchezza indiscussa e volte causa di grandi lotte, di ogni creatura vivente.
E poi la metafora del bosco, come le prove che incontriamo durante la vita, dove la nostra protagonista, coraggiosa e pura, si lascia solo apparentemente sopraffare dai sentimenti prettamente umani come la paura, il dubbio, ma che poi abbandona sapientemente lasciando fluire liberamente la Luce della saggezza che in lei regna sovrana. Un racconto, questo, dove alle prime battute tutto appare fin troppo semplice, quasi scontato ma dove, scorrendo lungo le pagine, i sentimenti limpidi emergono così come i colpi di scena. Il lettore, infatti, si ritrova ben presto ad esserne catturato a tal punto da avvertire il desiderio di andare avanti per sapere come va a finire.

La sensibilità del nostro autore si esprime, come possiamo vedere in questa pubblicazione, non solo attraverso la prosa ma anche attraverso la poesia.
Amo definire la poesia “la voce dell’anima del mondo” la quale, attraverso la penna di alcuni eletti ( che ormai stanno diventando in tanti per fortuna) parla al mondo, quindi a se stessa o, diciamo, maggiormente a quella parte che ha difficoltà ad esprimersi facendosi così portavoce di tutti. Molti, infatti, leggendo parole di altri riscoprono parti nascoste o sofferenti di se stessi.
Una poetica, quella del nostro Wilfried, semplice ed efficace, che fa sempre centro come quello di un gorgheggio naturale del cuore che scorre fluido e spontaneo, come una folata di vento che rinfresca e che va dritta all’essenza delle cose e mai si nasconde dietro giri contorti di parole che dicono senza però nulla dire. Nei versi di questo autore vengono fuori, senza falsi pudori, le insicurezze e le apprensioni di un animo sensibile che, dopo aver scoperto l’Amore, avverte quella sottile paura che lo porta ad essere un po’ guardingo.

Da

I miei pensieri

Ho provato a tacere,
ma  è impossibile.
Così provo a scrivere
e libero i  miei pensieri dalle paure mentali, dai tormenti.

L’autore sperimenta questo suo sentimento esplosivo che lo porta a lasciarsi andare alla scrittura liberando, come dice lui, i suoi pensieri dai mostri delle paure e dai tormenti. Perché paure? Perché quando si ama qualcuno o qualcosa, subentra in noi quel timore, prettamente umano, che ci porta a vedere vacillare quello stato di grazia acquisito e che ci mette di fronte a tutte le fragilità che abbiamo. Mi chiedo: ci innamoriamo della persona o dell’Amore che essa rappresenta? E’ un innamoramento verso una persona specifica o piuttosto è amore per l’Amore?


E’ vero che ancora non siamo insieme,
ma io già ho la paura di perderti.
Quando sei con me, sono felice,
ispirato, ho dentro un mondo nuovo,
potrei toccare le stelle,
mi sento alla potenza massima,
imbattibile, forte come roccia.


Ecco che lo stato di grazia viene fuori per intero, quella sensazione appagante che ci rende forti e invincibili inonda ogni cellula del nostro corpo e così sorridiamo alla vita grata. Se fossimo sempre innamorati non ci farebbe paura nulla perché anche il più grande degli ostacoli risulterebbe piccola cosa in confronto a quello che proviamo, ma l’Amore dura in eterno? Forti e invincibili ma anche profondamente fragili nella consapevolezza che ci assale che basterebbe un solo attimo per perdere ogni cosa..

Ma quando accanto a me non ci sei,
quando non so dove sei,
mi sento così male,  mi domando perché,
canto da solo versi strani, mi metto a scrivere poesie,
tutte quelle poesie, che purtroppo non potrai mai leggere.

Ed ecco che viene fuori l’anima malinconica, il poeta che nei suoi crepuscolari pensieri alimenta i suoi dubbi e le sue paure e scrive dando così voce alla sua anima inquieta.



Tiziana Mignosa 
12 luglio 2013

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